Per individuare le prestazioni soggette a reverse charge bisogna fare riferimento solo alla loro natura, senza tenere conto dell’attività normalmente svolta dal prestatore. Il rinvio ai codici Ateco è quindi rivolto a individuare in senso oggettivo la tipologia della prestazione e non quella del prestatore. Vengono poi individuati gli specifici codici attività (e, di conseguenza, le prestazioni) rilevanti e forniti chiarimenti in merito al concetto di edificio, all’estraneità delle cessioni di beni con posa in opera dal reverse charge e alla presenza di contratti che prevedano un insieme eterogeneo di prestazioni. Mentre la risposta al question time dello scorso 19 marzo non era parsa dirimente, per lo meno data la sua formulazione, la Circolare n.14/E/15 è assolutamente chiara nell’affermare che la tabella Ateco 2007 serve per individuare le prestazioni da assoggettare a reverse charge, e non i codici attività dei prestatori, ai quali non è pertanto richiesto di appartenere al “settore edile”. L’Agenzia delle Entrate fornisce un elenco – che pare intendersi tassativo – di codici attività “rilevanti” ai fini del reverse charge: se un servizio ricade in uno di quelli forniti all’interno di queste attività allora si applica il reverse. Per quanto riguarda il significato del termine “edifici”, l’Agenzia ha chiarito che sono da intendersi tali i soli fabbricati, così come definiti dall’art.2 D.Lgs. n.192/05 e dalla Risoluzione n.46/98, e non i beni rientranti nella (più ampia) categoria dei beni immobili. Restano, ad esempio, escluse dal reverse charge le prestazioni relative al suolo, parcheggi e piscine (salvo che questi siano incorporati nell’edificio).
(Il Sole 24 Ore del 1 aprile 2015 – Matteo Balzanelli e Massimo Sirri pag. 32)
Monza e Brianza – Desio 01/04/2015