Deregulation ma non deresponsabilizzazione per le lettere d’intento. Le modifiche a cui punta il decreto semplificazioni rappresentano un sicuro alleggerimento degli adempimenti posti a carico del fornitore di beni e servizi destinati a un operatore che si qualifichi come «esportatore abituale». Tuttavia, la nuova disposizione non incide sulla responsabilità che incombe nell’accertare, con la dovuta diligenza, la qualifica dichiarata dal proprio cliente. Questa responsabilità, che va ben oltre il tema della solidarietà prevista dall’art.1, co.384, della L. n.311/04, è stata individuata sia dalla Corte di giustizia che dalla Cassazione, seppur con approccio non esattamente uguale, e riguarda non solo le vendite agli esportatori abituali ma, più in generale, tutte le vendite di beni e servizi «senza Iva» nazionale come, per esempio, per le cessioni intracomunitarie. la Cassazione utilizza il riferimento alla buona fede del fornitore, ribaltando, però, l’espressione del «poteva sapere» nel «non poteva non sapere». Il che sposta l’onere della prova a carico del contribuente che deve dimostrare, in presenza di indizi di partecipazione a una frode, «di non essere stato in grado di abbandonare lo stato di ignoranza sul carattere fraudolento delle operazioni degli altri soggetti collegati all’operazione» (Cassazione 8132/11, 23074/12, 4609/2014).
(Il Sole 24 Ore del 19 novembre 2014 – Paolo Centore e Massimo Sirri pag. 42)
Monza e Brianza – Desio 19/11/2014