Il “vecchio” redditometro è più favorevole per il contribuente soltanto nella parte relativa alla valutazione del “peso” degli investimenti. Per il resto, il sistema previsto dal nuovo redditometro pare trattare complessivamente “meglio” il contribuente. Resta ora da capire se e in che termini il nuovo redditometro possa, ove ritenuto utile, essere applicato retroattivamente. Innanzi tutto, è doveroso ricordare che le disposizioni di legge si esprimono, oggi, a favore dell’irretroattività del nuovo strumento: il D.L. n.78/10 afferma che le novità introdotte hanno effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto (tradotto: dal 2009 in poi), ed il concetto è confermato dall’art.5 DM 24 dicembre 2012 che si riferisce testualmente agli «anni di imposta a decorrere dal 2009». La ratio sottostante alla irretroattività si basa sull’introduzione di un impianto normativo completamente “separato” dal precedente, tale da rendere inagibile il nuovo sul vecchio. Sulla base di queste determinazioni, per inciso, si sono espresse le CTP di Rimini e Reggio Emilia nelle recenti sentenze n.41/2/13 e n.74/2/13 a favore della retroattività del redditometro 2.0. Ma se così è, perché non applicare la stessa logica che caratterizza gli studi di settore? In definitiva, mantenendo valide le differenze normative tipiche delle due versioni (ad esempio, la franchigia tra reddito accertato e quello dichiarato, oggi fissata al 20% contro la precedente, pari al 25%), non parrebbe astruso permettere al contribuente di godere della maggiore efficienza del “nuovo motore” od, in altri termini, delle nuove e migliorate modalità di calcolo del reddito presunto anche per le annualità ante 2009.
(Il Sole 24 Ore del 16 novembre 2013 – Enrico Holzmiller pag. 21)
Monza e Brianza – Desio 21/11/2013