Lavoro dipendente proibito per mogli e figli, nipoti e generi. Insomma, per tutti i familiari stretti. Anche se la legge non pare porre preclusioni espresse al riguardo, se l’impresa è familiare il rischio di vedere disconosciuti dall’Inps i rapporti di lavoro subordinato instaurati tra parenti e affini risulta più che concreto. Per non dire certo. Tanto che, oramai, quando tra le parti corrono relazioni familiari, sono gli stessi professionisti che preferiscono indurre le aziende a considerare da subito di inquadrare i rapporti nella meno osteggiata collaborazione familiare. Il risultato finale, in definitiva, è quello di una minore garanzia degli appartenenti alla famiglia in seno all’impresa rispetto ad altri lavoratori. Le motivazioni addotte di volta in volta dall’Inps, in questo e in altri casi, si rifanno a diverse previsioni normative (cfr. art.2, L. 463/59) e di prassi (cfr. circ. 179/89), spesso risalenti, che, pure destinate a regolamentare l’eventuale impiego quali coadiuvanti dei familiari, non risultano affatto potere precludere la facoltà di scegliere una diversa volontà contrattuale dei medesimi. A rinforzare la propria prassi, sovente l’Inps richiama la giurisprudenza delle Cassazione. Per esempio, la sentenza n. 20532/08, della Suprema corte, che analizza gli elementi sintomatici della subordinazione.
(Italia Oggi del 1 aprile 2014 -Mauro Parisi pag .28)
Monza e Brianza – Desio 03/04/2014