Le cessioni di beni con posa in opera restano escluse dal reverse charge in quanto costituiscono, ai fini Iva, cessioni di beni e non prestazioni di servizi. In alcuni casi, il confine tra cessione con posa e appalto è particolarmente “sfumato”, tanto che, per distinguerli, bisogna eseguire un’accurata indagine circa la reale intenzione delle parti e le caratteristiche dell’operazione. Tra queste ultime, il “peso” (economico) della cessione rispetto alla prestazione rappresenta un indice di riferimento, ma non l’unico criterio. La Circolare n.14/E/15 ha affermato che la nuova lett.a-ter) dell’art.17, co.6 d.P.R. n.633/72, non si applica alle cessioni di beni con posa in opera, mentre è senz’altro applicabile nel caso dell’appalto (o subappalto) di servizi. Infatti, è stato correttamente rilevato come la cessione con posa rientri nella nozione di cessione di beni, e non di prestazione di servizi. Tuttavia, distinguere cessioni con posa da appalti di servizi non è sempre agevole. Con la Risoluzione n.360009/1976, come indirizzo di massima e salvo verifica della singola fattispecie, venivano considerate cessioni la fornitura, ed eventualmente anche la relativa posa in opera, di impianti di riscaldamento, condizionamento, lavanderia, cucina, infissi, pavimenti eccetera, qualora l’assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi ne fa abituale commercio, e il contratto non lo obblighi a effettuare lavori volti a realizzare qualcosa di diverso rispetto alla normale serie produttiva.
(Il Sole 24 Ore del 10 aprile 2015 – Matteo Balzanelli e Massimo Sirri pag. 36)
Monza e Brianza – Desio 13/04/2015